martedì 25 luglio 2023

IL DIAVOLO L'ISTAT & IL CAPITALE UMANO

 








David Lazzari Presidente Nazionale Ordine Psicologi






Nell’etimologia della parola diavolo c’è il concetto di separazione: è diabolico ciò che impedisce di vedere l’unità delle cose, le relazioni, i collegamenti, gli intrecci, che condanna le persone o le società a non avere una visione d’insieme e quindi a non poter gestire la complessità.

 

Viene da pensare che il nostro Paese sia vittima di questa situazione leggendo il recente rapporto ISTAT sullo stato dell’Italia. L’istituto di statistica sulla base dei dati e delle proiezioni lancia l’allarme sulle prospettive, facendo anche il confronto con gli altri Paesi europei.

 

Una analisi che ha il pregio di collegare e far luce sui rapporti tra il benessere soggettivo delle persone e lo sviluppo economico e sociale, temi che con grande superficialità vengono trattati negli investimenti pubblici e nelle scelte politiche come indipendenti e separati.

 

Ci dice l’ISTAT che un giovane su due (fascia 18-34 anni) versa in condizioni di vulnerabilità rispetto alle aree del benessere, che un giovane su cinque (peggio solo la Romania) non studia e non lavora, che la formazione è un motore che in gran parte gira a vuoto, che i giovani non hanno speranza nel futuro, hanno un tasso di occupazione inferiore di 15 punti rispetto alla media europea, che non fanno più figli (5 milioni di italiani in meno entro il 2050).

 

Il rapporto ISTAT dice chiaramente che uno dei problemi è nei mancati investimenti in Italia sulla promozione del benessere psicologico e indica la necessità di utilizzare una quota dei 200 miliardi del PNRR per investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo sin dai primi anni.

 

Per mettere le nuove generazioni in condizioni di affrontare positivamente i cambiamenti in atto e per prevenire l’insorgenza di situazioni di disagio, evidenzia l’ISTAT, è necessario garantire a tutti i bambini fin dalla nascita le condizioni per un adeguato livello di sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e relazionale. Realizzare questo obiettivo utilizzando i servizi pubblici, la scuola, i contesti comunitari, e garantendo equità di accesso in modo da ridurre l’impatto delle condizioni dei contesti di appartenenza.

 

Lo sviluppo non avviene “a prescindere”, sia quello fisico che quello psicologico, ha bisogno di condizioni adeguate. L’influsso del contesto nell’infanzia e nell’adolescenza ha un ruolo enorme nel condizionare il benessere e le potenzialità future.

 

E cosa è stato fatto sinora in Italia per dare condizioni minime di aiuto allo sviluppo in modo equo? Veramente troppo poco. Basti pensare che l’unica misura pubblica di aiuto psicologico alla popolazione, il bonus psicologico, ha visto la metà delle richieste, 200 mila, concentrate nella fascia sino a 30 anni e solo 19 mila (neanche una su dieci) è stata accolta in base ai fondi disponibili.

 

Siamo un Paese dove l’aiuto psicologico è riservato solo a chi può permetterselo e non c’è nessuna politica di prevenzione ed empowerment nei percorsi di vita: la scuola, i consultori, i servizi sociali, i centri formativi e per il lavoro dovrebbero essere in grado di avere queste competenze e concorrere a questo ruolo per le loro specificità.

 

Le analisi dell’Istat mettono in luce un dato che la politica e le Istituzioni sinora non hanno voluto vedere: il rapporto tra malessere e disagio psicologico, percorsi e scelte di vita (o fughe dalla vita e non scelte), comportamenti positivi e negativi.

 

L’intreccio profondo e trascurato tra benessere psicologico, realizzazione personale e capitale umano del Paese, tra psicologia ed economia. Certo non è l’unico tema, ci mancherebbe, ma è un tema, e sinora troppo sottovalutato e non capito nei suoi reali termini.

 

Come quando si continua a legare gli aspetti psicologici solo alla dimensione salute/malattia e non a quella più globale dello sviluppo umano e della partecipazione delle persone alla vita sociale.

 

Una sfida troppo grande? Esistono tante esperienze internazionali che ci dicono che si può fare molto, e che la spesa in questo campo da dei ritorni economici molto importanti. Se i dati, come ci chiede l’Istat, si vogliono vedere e non ignorare.

 

(David Lazzari & i suoi libri)








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